Senza bordi da quando ho smesso di innaffiare radici già fradice.
Senza bordi nel vuoto d’aria, estranea e stantia dell’altro.
Senza bordi nell’infrangersi della certezza sopra il vetro sudicio delle consapevolezze. Impronte e graffi, reduce del fallimento.
Fuori dalla favola del tutto passa, perché tutto invece resta.
Nella ricerca di un’identità sul fondo di occhi forestieri.
Senza bordi perché, incapace di tagliare, non rimane che strappare. Portare via.
Senza più margini da ricucire. Fettucce di storie lasciate a penzolare in una camera compressa.
Ad aspettare che asciughino per sentirne l’odore.
Colorificio di un essere quasi sempre vestito di nero.
Deserto di primavere.
Senza bordi nella pietà. Nell’attimo silenzioso che separa chi sono da quella che non sono stata mai.