Tra le molteplici espressioni artistiche veicolate dal corpo, sicuramente sta emergendo una giovane forma d’arte che con il tempo ha assunto sempre più rilievo, il body painting. Abbiamo deciso di parlarne con Enrico Bianchini, Responsabile organizzativo dell’Italian Body Painting Festival, e con Serena Dalla Torre, vincitrice dell’ultima edizione nella categoria Pennello e Spugna.
Il suo sguardo interno – quello dell’artista che prepara un disegno su un foglio di carta inanimato per poi farlo vivere come opera tramite un corpo che respira – ci ha accompagnati lungo le sfumature di un’espressione artistica che le ha «rivoluzionato la vita».
Il primo incontro tra Enrico Bianchini e il body painting, invece, avviene nel 2005, in occasione della produzione di un format televisivo per Rai2, il Festival Del Garda, dove per la prima volta vengono ospitati due artisti del body painting, uno di Roma l’altro di Palermo. Risale all’anno successivo la prima edizione del Campionato Italiano dei Corpi Dipinti e anche questa volta gli iscritti sono talmente pochi «da stare nelle dita di due mani». Tutt’altra storia oggi che in Italia il body painting è considerato tra le forme di pittura più apprezzate.
Come incontri il body painting?
Serena: non avevo quasi mai disegnato prima, ho iniziato con il body painting circa quattro anni fa e mi ha salvato la vita. Quando ho visto il primo corpo dipinto in movimento è scattata la scintilla, sentivo le farfalle dentro, e adesso è il mio lavoro. L’ho scoperto intorno ai 40 anni e ha veramente rivoluzionato la mia vita. Tutto quello che ho accumulato e in qualche modo represso nel corso degli anni è stata la base inconsapevole della creatività che oggi riverso sui corpi. Quella creatività che è un connubio fortissimo tra immaginazione e studio.
Nella foto Serena Dalla Torre mentre dipinge una modella
In che modo ti ha salvata?
Serena: mi sono autocensurata per tutta la vita, mi sono sempre concentrata sul lato teorico dell’arte. Mi hanno insegnato a non mettere le mani in pasta, tanto è che mi sono laureata in Storia e Critica dell’Arte, non ho fatto l’Accademia. Probabilmente tutto ciò che ho compresso e incamerato mi sta uscendo dalle mani. Adesso infatti mi occupo quotidianamente anche di belly painting, la branca del body painting dedicata alla pittura delle pance delle donne incinta.
Sicuramente il Festival ha avuto un ruolo fondamentale nella divulgazione del body painting in Italia, quanto è conosciuta oggi questa forma artistica dal pubblico?
Enrico: abbiamo iniziato nel 2006/2007 a farla conoscere ed apprezzare dal grande pubblico grazie alla trasmissione Rai. Negli anni successivi il body painting in Italia non ha più avuto la stessa vetrina, ma al di là di questo è riuscito a diffondersi in maniera portentosa negli ultimi anni. Al momento, stando ai numeri, la percentuale di artisti è molto alta al nord, abbastanza alta al centro e un po’ bassina al sud, per quanto anche qui ci siano artisti molto bravi.
Il body painting intrattiene sicuramente un rapporto diverso con il corpo rispetto alla pittura su tela. Quali sono le dinamiche che hai visto istaurarsi tra chi dipinge e chi è dipinto nel corso di questi 15 anni di Festival?
Enrico: il body painting è un’arte viva. Il vantaggio di dipingere un corpo caldo e non una tela fredda e inanimata emerge sicuramente nel rapporto diretto tra l’artista e la persona che viene dipinta per 6/7 ore consecutivamente. Entrambe le parti, inoltre, sanno che dopo altre 7 ore circa quel dipinto non esisterà più, scomparirà sotto una doccia. Ed è per questo che risulta indispensabile la presenza di molti fotografi e videomaker per immortalare le opere, delle quali altrimenti non rimarrebbe alcuna traccia.
Come vengono scelti i corpi delle modelle e dei modelli?
Enrico: l’85% di chi fa vivere il body painting è composto da artiste e modelle e solo il 15% da modelli e artisti, per il momento dunque si presenta come una forma d’arte prevalentemente femminile. C’è da dire che è un’espressione artistica in continuo mutamento: se infatti all’inizio alla modella o al modello non veniva richiesto nient’altro che stare fermi, immobili, per 7 ore e farsi dipingere, negli ultimi anni, dopo la sfilata, all’artista è offerta la possibilità di raccontare l’opera al pubblico anche attraverso delle performance artistiche della modella o del modello che fanno, in un certo senso, vivere il dipinto. Non è un caso che questi siano ballerine/i, piuttosto che attrici o attori teatrali, quindi corpi che hanno una loro professionalità a prescindere dal body painting. Per quanto riguarda la fisicità in senso stretto, è l’artista che sceglie il corpo che meglio si presta ad ospitare e far vivere il dipinto che intende realizzare, ma nella valutazione finale è soltanto questo ad essere preso in considerazione, non il corpo di chi lo ha ospitato.
Nella foto di sinistra: l’artista del dipinto è Benedetta Carugati e la modella Vitalia Abramova. A destra: la prima opera è di Daniele Piovano e Martina Rapino e la modella è Irene Baldassarre. La seconda opera è di Claudia Priorini e Francesca Tenore, la modella è Sara Pompei.
Perché scegliere di dipingere un corpo anziché una tela?
Serena: Credo per la magia dell’effimero. Per riversare un’idea tutt’altro che estemporanea, un progetto sul quale si è lavorato per mesi, su una tela che respira, che si muove e che vive. A differenza della tela tradizionale, il corpo è tutto una semicurva – soprattutto il seno, i fianchi, il sedere – e quindi è necessario studiare il corpo della modella o del modello e cercare di vestire queste asimmetrie con immagini e colori nel miglior modo possibile. Già nella fase di progettazione si instaura un rapporto, a differenza della tela che rimane piatta.
Tra l’altro la ciclicità della vita, inscritta tra l’inizio e la sua fine, viene trasferita nel dipinto, che passa dall’essere disegnato su un foglio ad essere dipinto sul corpo della modella e poi viene cancellato via sotto una doccia. Ci avvaliamo della fotografia perché riesce a salvare visivamente la nostra arte. Tanti artisti del body painting sono tatuatori e vivono questa sorta di bipolarità tra il super permanente e il super effimero.
Dipinti di Serena Dalla Torre
Come definiresti l’uso espressivo del corpo nel body painting e cosa si prova ad affidare una propria creazione ad un altro corpo?
Serena: Mi emoziona molto, anche perché non faccio molte prove prima, quindi vedo per la prima volta il dipinto completo in occasione della competizione. Usiamo i corpi nel senso più positivo del termine, essere dipinti è una sensazione bellissima, è come essere vestiti di se stessi. Tutte le modelle dicono di sentirsi vestite, non hanno timore: una volta dipinte cade interamente il senso della vergogna e del timore nell’esser nudi.
Ti racconto un aneddoto che può aiutare a far capire la sensazione che si prova quando si è dipinti: tempo fa ho dipinto la pancia di una donna incinta con una texture di color blu acqua marina con applicazioni di foglie color rame. Dopo di che lei è andata in giro per Bologna, quando ci siamo sentite la sera mi ha detto “sto per entrare in doccia e sento che questa giornata sta per finire e mi sento come la principessa che tornerà ad essere Cenerentola”.