Pensare di separare le persone buone da quelle cattive è un’idea rassicurante: sostenere una logica binaria bene-male non ci fa sentire responsabili delle condizioni che contribuiscono allo sviluppo della delinquenza e del crimine, a quello che sommariamente viene catalogato come male. Ma cosa fa sì che alcuni di noi conducano una vita onesta e altri una vita criminale?
La risposta che sembra andare per la maggiore è quella che rintraccia in disposizioni e determinanti interiori le cause, senza però prestare sufficiente attenzione alle dinamiche esterne.
In Effetto Lucifero, lo psicologo sociale Philip Zimbardo si domanda se è vero che tutti i comportamenti moralmente riprovevoli siano riconducibili alla natura malvagia di chi li compie, oppure se «cattivi si diventa».
La psichiatria attuale, insieme alla maggior parte delle nostre istituzioni (il diritto, la medicina, le religioni), assume un orientamento disposizionale e si basa sulla convinzione che la malattia, la colpevolezza o il peccato vadano ricercati nel soggetto. Gli psicologi sociali come Zimbardo, invece, sostengono il cosiddetto orientamento situazionale, chiedendosi quali siano le situazioni che contribuiscono allo sviluppo di determinate reazioni sociali e in quale modo gli attori sociali percepiscano le variabili situazionali e i processi ambientali.
Zimbardo in questo libro ci dice che per comprendere schemi comportamentali complessi è necessario prendere in considerazione il Sistema, ossia qualsiasi forma di organizzazione, come un apparato istituzionale, una setta, un gruppo dirigenziale, un’associazione mafiosa o una gerarchia basata sulla forza o su ideali. Anche una Situazione, come una prigione, un’azienda o una guerra, può essere considerata un’istanza del Sistema.
La Situazione esercita delle forze sugli individui che ne fanno parte, contrapponendosi alle forze disposizionali, quindi le attitudini e le predisposizioni proprie di ogni individuo. Se le prime diventano più pressanti delle seconde, la persona cessa di agire secondo regole proprie, adeguandosi ai principi dettati dal contesto.
Secondo Zimbardo, l’essere umano non è intrinsecamente malvagio, eppure potenzialmente può diventarlo e lo dimostra attraverso l’esperimento carcerario di Stanford, condotto nel 1971, simulando la realtà di un carcere all’interno del campus universitario. Vennero assegnati a due gruppi di studenti i ruoli di guardie e detenuti, con lo scopo di valutare in quale modo riesca a modificarsi il comportamento dei giovani sottoposti a una condizione detentiva e, nel caso specifico, studenti ben inseriti nell’ambito accademico e nella società.
L’esperimento avrebbe dovuto protrarsi per due settimane, ma dovette essere interrotto dopo una settimana a causa dei comportamenti vessatori e umilianti assunti dalle guardie a scapito dell’altro gruppo. Gli studenti erano stati assegnati in maniera casuale all’uno e all’altro gruppo: si trattava di studenti privi di qualsiasi trascorso legato all’ambito carcerario, eppure entrambi gli schieramenti fin da subito mostrarono gli atteggiamenti tipici che ricalcano i ruoli di guardie e detenuti.
L’esperimento dunque fu un successo: Zimbardo ebbe modo di dimostrare che il contesto carcerario aveva generato forze situazionali capaci di trasformare gli studenti spingendoli ad azioni che non avrebbero mai compiuto nella loro quotidiana ordinarietà. A dimostrazione che i ruoli assegnati dal Sistema modificano profondamente il carattere delle persone, perché agiscono sul loro modo di percepire il mondo esterno.
In Effetto Lucifero, vengono ripresi anche altri studi, tra questi gli esperimenti sul conformismo di Solomon Asch e sull’obbedienza alle autorità di Stanley Milgram. Ciò che queste ricerche mettono in evidenza è la predisposizione di chiunque ad essere soggetto dell’influenza situazionale, compreso chi ritiene di avere una notevole forza di volontà. L’esperimento sul conformismo evidenzia due meccanismi: siamo portati a conformarci per via dei bisogni informativi, quando cioè le idee, le opinioni e le conoscenze altrui ci aiutano a navigare nel nostro mondo, e per via dei bisogni normativi, ovvero quando, spinti da un’esigenza di appartenenza, per essere accettati da un gruppo, cediamo alla visione del mondo che sostiene.
Lo studio di Milgram invece ha l’obiettivo di dimostrare la propensione all’obbedienza insita nelle persone comuni verso le autorità, anche di fronte a casi estremi come la somministrazione di scosse elettriche capaci di uccidere. La ricerca ha dimostrato che due volontari su tre (il 65%) sono arrivati a somministrare il massimo livello di scosse (450 volt) e la grande maggioranza ha continuato a somministrare scosse nonostante le suppliche degli allievi.
Gli psichiatri a cui Milgram aveva chiesto di stimare la percentuale dei cittadini americani che, secondo loro, avrebbero ceduto al rilascio di scosse massime, ipotizzavano meno del 1%, ma non potevano sbagliarsi di più. Trascuravano, infatti, i determinanti situazionali.
Zimbardo sottolineò come le disposizioni al conformismo e all’obbedienza siano dispositivi di avvio: tra i potenziali perpetratori e vittime si instaurano processi che operano per modificare la costituzione di entrambi. La deindividualizzazione rende il perpetratore anonimo riducendo così la responsabilità e l’autocontrollo. La deumanizzazione cancella invece l’umanità delle potenziali vittime rendendole simili agli animali. A questo proposito, lo psicologo Albert Bandura ha dimostrato come una semplice etichetta riesca a scatenare una serie di processi psicologici che hanno un impatto sul nostro comportamento e che diventano evidenze nel razzismo e nella discriminazione.
L’esperimento carcerario di Stanford è stato un esempio della psicologia del male: l’intento era valutare in che misura le caratteristiche esterne di un contesto istituzionale potessero condizionare chi operava in quell’ambiente. Si trattava di contrapporre buoni fattori disposizionali e una cattiva situazione. Si è subito rivelato un’illustrazione esatta del ruolo potenzialmente tossico dei cattivi Sistemi e delle cattive Situazioni nell’indurre brave persone a comportarsi in modo patologico.
Va sottolineato comunque che questo esperimento diverge da un esperimento condotto in un vero carcere per diverse ragioni, a partire dal fatto che in un reale luogo di detenzione i difetti della situazione carceraria si intrecciano con i difetti delle persone. Nell’esperimento di Stanford invece i partecipanti sono stati selezionati tra gli studenti universitari dotati di un’intelligenza brillante e meno esposti al rischio del pregiudizio, quindi più fiduciosi verso il futuro rispetto ai meno istruiti.
Un secolo di ricerche psicologiche, con oltre 25mila studi e 8 milioni di persone coinvolte tramite la tecnica statistica della metanalisi, hanno riscontrato una notevole coerenza dei risultati secondo i quali il potere delle situazioni sociali detiene un effetto centrale nella determinazione delle relazioni interpersonali e quindi nella costruzione vicendevole del bene e del male.
L’analisi psicologica proposta in Effetto Lucifero non è una giustificazione per chi ha comportamenti malvagi, piuttosto uno strumento per comprendere le dinamiche di innesco del male, comprendendone l’origine, così da evitare il ripetersi di schemi comportamentali delittuosi. Un libro da leggere per capire le dinamiche sociali che abbiamo contribuito a creare e in quale misura anche noi risultiamo suscettibili a certe situazioni, evitando di conseguenza la superficialità nel giudizio.