Come si dovrebbe amare a diciassette anni? Quando i voraci e inesperti animi giovanili hanno appena iniziato a farsi strada tra i sentimenti, quando si “obbedisce solo ai perentori comandi del cuore”?
Il diciassettenne David Axelrod, protagonista di questo intramontabile capolavoro della letteratura contemporanea, non ha mai amato prima di quell’estate a Chicago. Jade Butterfield non è solo l’oggetto del suo amore profondo; i due, fin dal principio, sembrano avvolti da un’atmosfera disincarnata che li separa dal resto del mondo e che finisce per coinvolgere anche le persone intorno a loro.
La notte “densa e rovente” del 12 agosto 1967, in seguito all’allontanamento voluto dal padre di Jade, un David smarrito per via della separazione dalla sua amata decide di appiccare un incendio e di bruciare casa Butterfield, mentre tutti i membri della famiglia sono al suo interno. Questo gesto alienante, che rappresenta l’antefatto del romanzo, suggellerà il resto della storia. Internato in un ospedale psichiatrico e costretto, una volta uscito, a rispettare la libertà condizionale, David trascorrerà i suoi giorni con un unico desiderio, quello di rivedere Jade, di stringerla ancora una volta, senza fine, il suo corpo un involucro teso al ricongiungimento. Nel corso del romanzo seguiamo David muoversi tra i ritratti pittoreschi degli abitanti di Chicago, tra le vie caotiche e consumate di New York, all’interno di una cornice storica che la prosa graffiante di Scott Spencer dipinge con dovizia di particolari e che vede l’America protagonista della libertà, delle trasgressioni, delle assunzioni di LSD e della emancipata vita metropolitana.
Quando leggiamo racconti di ossessione amorosa ci troviamo di fronte a un bivio, che produce nei lettori un atteggiamento divisivo. Non sappiamo come sentirci in merito alla scabrosità del professor Humbert in Lolita. O alla vendetta perpetrata da Heathcliffe in Cime tempestose. O nei confronti dell’architetto Antonio Dorigo descritto da Dino Buzzati.
David Axelrod è l’eroe antinomico del suo io più intimo, fragile quanto determinato, lucido quanto perduto, caparbio quanto malato d’amore. E questa antinomia fra passione e ossessione tutta interna al protagonista si riflette all’esterno del libro. Nonostante il giudizio severo a cui sottoponiamo il suo atteggiamento sconsiderato, folle persino, continuiamo a voler scrutare nel suo animo tormentato. Perché, forse, ognuno ama come può, a diciassette anni. Con goffaggine, con avventatezza, nella scoperta della sessualità e dell’affiatamento del rapporto amoroso. Per questo non è così difficile sentirsi vicini a quel David lacerato che soffre e affligge se stesso, rivelando in prima persona le pene del suo cuore.
E allora ecco che Un amore senza fine osa, colpisce e imprime su carta pensieri e comportamenti fuori dall’ordinario. Ma diventa memoria, continuando ad attrarre una generazione di lettori dopo l’altra, allungandosi nel tempo e fuori dal tempo. Senza fine, appunto.